giovedì 21 marzo 2013


Bendaggio funzionale




Che cos’è un bendaggio funzionale
Il bendaggio funzionale è un presidio di contenzione dinamica che, utilizzando bende adesive estensibili ed inestensibili opportunamente combinate e disposte, si propone di ottenere la protezione ed il sostegno di strutture muscolo - tendinee e/o capsulo-legamentose.


Un bendaggio funzionale richiede l’uso di materiali combinati ed utilizzati in modo diversificato:

  • bende adesive estensibili
  • bende adesive inestensibili
  • compresse di gomma schiuma
  • salvapelle
  • maglia tubulare distensibile di rifinitura
Il bendaggio nasce da una differente combinazione di due tipi di bende e la prevalenza di un tipo sull’altro è in rapporto alla funzione che il bendaggio deve espletare dando priorità alla componente inestensibile se si vuole privilegiare la contrazione e la tenuta.

Viene utilizzato materiale adesivo ipoallergenico, per evitare reazioni cutanee locali, e dotato di buona adesività in quanto lo stretto rapporto fra cute e benda è fondamentale per la validità e la tenuta del bendaggio nel tempo. La cute viene adeguatamente preparata, con accurata depilazione o con impacco di etere o sostanze simili per sgrassare e ripulire la cute stessa da eventuali residui inerti, a beneficio della tenuta. 

Le compresse in gomma schiuma vengono utilizzate in quei casi in cui può essere necessario rendere più efficace un’azione compressiva locale (vedi lesioni muscolari acute), un’azione di sostegno (ad esempio, volta longitudinale o trasversa anteriore del piede), un’azione di scarico (ad es. per sollevare l’appoggio calcaneare). La maglia tubulare ha un uso di rifinitura estetica e di maggiore stabilità dell’impianto.

Il bendaggio funzionale è una tecnica di immobilizzazione parziale volta a ridurre i tempi di guarigione rispetto alle metodiche di immobilizzazione tradizionali. Un’articolazione viene infatti messa in scarico, sostenuta, compressa o stabilizzata, limitandola soltanto nella direzione di movimento dolorosa o patologica e permettendo, contemporaneamente, il resto dell’articolarità esente da dolore. Grazie a tale metodica si riesce quindi ad accelerare di molto il reinserimento nell’attività di vita quotidiana o lavorativa , e risulta pertanto particolarmente utilizzata, soprattutto nel settore sportivo.

Nella pratica applicativa è necessario conoscere il movimento che ci interessa limitare (ad es. : l’inversione nella caviglia) e soprattutto su quale piano avviene. Di fondamentale importanza nel confezionamento del bendaggio, e quindi relativamente alla sua efficacia, è l’abilità tecnica dell’operatore che deve infatti avere un’ottima conoscenza dell’anatomia e della biomeccanica, nonché della eziopatogenesi della lesione recente.


Il bendaggio funzionale può essere utilizzato per scopi preventivi, terapeutici o riabilitativi.
Nella prevenzione, viene utilizzato normalmente per la gara e l’allenamento ed ha la precisa finalità di proteggere le strutture potenzialmente più vulnerabili.
Tale vulnerabilità generalmente può dipendere da squilibri posturali, instabilità croniche secondarie a pregressi eventi traumatici, carichi iterativi submassimali cronici ad effetto lesivo cumulativo.
I bendaggi preventivi devono sempre essere rimossi dopo la gara o l’allenamento.
Nel trattamento, i bendaggi terapeutici vengono usati in seguito a lesioni traumatiche acute (es. presidio integrativo ma non sostitutivo di eventuale apparecchio gessato ) o microtraumatiche croniche (es. tendinosi) in cui il danno anatomo-patologico è contenuto o assente. Il fine è quello di ottenere la guarigione clinica della lesione evitando l’immobilizzazione totale. 

Nella riabilitazione i bendaggi vengono usati quando, ottenuta la guarigione strutturale della lesione (indipendentemente dalla gravità e dal tipo di trattamento) , si vuole ottenere un precoce ripristino della completa articolarità, della vigilanza propriocettiva e della coordinazione motoria.



Il bendaggio funzionale ha funzioni di sostegno, scarico, compressione, stabilizzazione, supporto psicologico , antalgico.
Sostegno: Protegge le singole strutture capsulolegamentose da insulti patomeccanici;
Scarico: Ammortizza le sollecitazioni distrattive agenti sulle unità motorie;
Compressione: Esercitare un’azione pressoria che si oppone alla formazione di eventuale versamento o ematomi muscolari;
Stabilizzazione: Potenzia la funzione di contenzione di legamenti ipovalidi, insufficienti o comunque vulnerabili sotto lo stress del carico sportivo - mantenere attiva la propriocettività).
Propriocezione: Mantiene attiva la propriocezione e l’esterocezione attraverso la stimolazione meccnica (pressori) continua dei recettori.

L’atleta protetto dal bendaggio ritrova più rapidamente quel senso di sicurezza indispensabile per una maggiore vigilanza soggettiva ed un migliore rendimento atletico.

Legata al relativo riposo funzionale prodotto dal bendaggio sulla struttura lesa. Viene molto apprezzata dall’atleta e dal tecnico poiché favorisce un rapido reinserimento dell’atleta all’attività sportiva a causa della riduzione del sintomo avvertito.


PERCHE' MUOVERSI FA BENE


L'importanza dell'esercizio fisico per la nostra salute si intuisce anche solo partendo dal dato opposto: l'inattività fa male. Indagini scientifiche condotte su intere categorie sociali hanno dimostrato come la vita sedentaria metta a rischio il sistema cardiovascolare e non solo quello.
Capire meglio perché il nostro organismo tragga vantaggio dal movimento è importante, anche per scegliere e organizzare una pratica fisica che abbia le caratteristiche giuste per le necessità di ognuno. Per questo cercheremo di esaminare in dettaglio i rapporti tra attività fisica e prevenzione di alcune malattie e vi forniremo esempi significativi di come si costruisca un programma di allenamento "su misura" per ognuno.
Più movimento, meno rischi
Cominciamo con alcuni concetti generali. Il primo effetto dell'attività fisica è l'incremento della richiesta di ossigeno da parte dei muscoli. Il cuore risponde velocizzando la propria attività, aumenta cioè la frequenza cardiaca. Questo fattore aiuta a tenerlo in forma, ma può anche favorire la ripresa dopo un infarto o un intervento chirurgico.
Ma l’esercizio fisico è importante anche per altri motivi. Contribuisce a tenere sotto controllo l’ipertensione e svolge anche un’azione positiva sul metabolismo, favorisce l’assorbimento degli zuccheri, prevenendo quindi il diabete, previene l’eccessivo accumulo di colesterolo nelle arterie e favorisce lo smaltimento del grasso in eccesso. Tutti questi dati sono stati verificati con studi scientifici. Ad esempio, per citare un dato generale, è stato calcolato che una persona in buona salute che faccia cinquanta chilometri di corsa alla settimana ha un rischio di infarto ridotto del 50 per cento rispetto a un soggetto sedentario. Ma già facendone trenta il rischio scende del 38 per cento. Prima di vedere più in dettaglio l'effetto, dell'esercizio fisico sui fattori di rischio cardiovascolare vale la pena di citare almeno un altro effetto particolare, che riguarda in particolare le donne e una patologia di grande diffusione: l'osteoporosi.
L’osteoporosi è dovuta al fatto che la massa minerale ossea, che cresce fino ai trent’anni e resta grosso modo stabile fino ai quaranta, comincia a ridursi. A una certa età, soprattutto nella donna, le ossa diventano più fragili e aumenta il rischio di fratture. Sia il punto più alto di massa minerale ossea che si riesce a raggiungere, sia poi la sua caduta lenta o veloce, dipendono dall’attività fisica svolta nel corso della vita. Infatti i minerali si depositano su una matrice proteica, il cui sviluppo dipende dalla forza di gravità (gli astronauti soffrono molto della perdita di massa minerale ossea), ma anche dalle trazioni muscolari, che sono stimolate durante la pratica sportiva. L’osteoporosi può quindi essere prevenuta e limitata con un’attività fisica svolta in modo costante durante la vita.
Esistono evidenze del benefico effetto dell’attività fisica regolare anche sul rischio di alcuni tumori, come le neoplasie del colon e del retto, della mammella, dell’utero e della prostata. L’attività fisica migliora il funzionamento del colon e favorisce una peristalsi (ossia un processo digestivo) più vivace, riducendo quindi il tempo di contatto di sostanze potenzialmente cancerogene con la mucosa intestinale. Fare sport inoltre aiuta a eliminare certe quote di ormoni che favoriscono l’insorgenza dei tumori: gli estrogeni nella donna (per il tumore dell’utero e della mammella), androgeni nell’uomo (tumore della prostata).
Perché si dimagrisce
C’è un aspetto spesso considerato importante nella pratica sportiva: la possibilità di dimagrire o almeno di mantenere la linea. Per capire come l'attività fisica può intervenire sul controllo del peso, innanzitutto togliamo di mezzo un equivoco: non è sudare molto che fa dimagrire. L’acqua e i sali minerali che si perdono sudando devono essere reintegrati. Dimagrire invece significa perdere grasso.
In realtà, quindi, ci sono nello sport molti altri fattori che aiutano a dimagrire. Innanzitutto il metabolismo rimane elevato per varie ore anche dopo il tempo dedicato all'attività fisica, quindi si bruciano i grassi mentre si corre, ma si consuma di più anche nelle ore successive.
Inoltre esiste un meccanismo generale che va considerato. Chi si mette a dieta di solito ha lo svantaggio che il suo metabolismo basale (le energie che si spendono a riposo) si riduce. Se si calcola di mangiare meno di 1.500 calorie per dimagrire, all’inizio funziona, poi il metabolismo basale si adatta e anche quelle 1.500 calorie diventano troppe. Se contemporaneamente, però ,ci si mette a fare attività fisica di tipo aerobico, questo fenomeno dell’abbassamento del metabolismo basale non si verifica. Anzi rimane sempre un pochino più alto: quello che si spende a riposo rimane un po’ più della norma, e anche questo aiuta a dimagrire.
C’è un metodo per calcolare quanto grasso si può bruciare ad esempio con una corsa: si moltiplica il numero dei chilometri percorsi per il peso di un soggetto in chilogrammi e si divide per 20.
Quindi, se un soggetto pesa settanta chili e fa dieci chilometri di corsa:
70 per 10 diviso 20 = 35. Dunque sono 35 i grammi di grasso consumati.
Per correre 10 km ci vuole circa un’ora, quindi è molto impegnativo: se si consumano solo 35 grammi di grasso, sembrerebbe sproporzionato lo sforzo in rapporto a quello che si perde. Ma bisogna considerare che, oltre a bruciare grasso la corsa alza il metabolismo basale facendo consumare di più anche al corpo a riposo.
Ipertensione sotto controllo
Chi soffre di ipertensione ha più difficoltà nell'attivita fisica perché la pressione alta provoca una maggiore spesa energetica al muscolo cardiaco. Infatti, l'indurimento dei vasi, tipico del soggetto iperteso, comporta una fatica maggiore da parte del cuore e durante l'esercizio fisico questa fatica cresce ancora di piu. Quindi va ridotto lo sforzo.
Attenzione anche allo sforzo improvviso ed eccessivo La brusca immissione in circolo di sostanze (come l'adrenalina e la noradrenalina, che peraltro favoriscono la prestazione sportiva) con azione fortemente ipertensiogena produce una crisi ipertensiva, che provoca un rapido aumento dei valori della pressione arteriosa (avvertita dal soggetto con sintomi quali cefalea pulsante, vertigine, talora nausea e senso di oppressione respiratoria) e determina un super lavoro acuto per il cuore per i vasi.
L’attività fisica utile per il controllo dell'ipertensione deve essere quindi di tipo aerobico (ossia con aumento della richiesta di ossigeno all’esterno). Le attività aerobiche sono esercizi come la camminata veloce, la corsa senza troppo sforzo, il ciclismo o il nuoto non agonistici. Durante queste attività i muscoli e il cuore vengono sollecitati, ma il consumo di ossigeno non supera mai la capacità di respirazione. Il cuore impara quindi a reagire ai cambiamenti di ritmo e a rispondere a sollecitazioni di un aumento di attività in armonia con i cambiamenti nella velocità del flusso del sangue e di respirazione.
Gli effetti sul tasso di colesterolo
Le dislipidemie (ossia l’eccesso di colesterolo e trigliceridi nel sangue) sono uno dei maggiori fattori di rischio per l'infarto e altre malattie cardiovascolari. Per questo sono stati fatti numerosi studi scientifici su tutto ciò che può avere influenza sulla circolazione di grassi nel sangue.
Tra l'altro è stato scoperto che l'attività fisica può avere un'influenza importante, non solo perché riduce il colesterolo totale, ma anche perché abbassa la quota del cosiddetto colesterolo cattivo (LDL); inoltre riduce nettamente i trigliceridi e invece fa aumentare il cosiddetto colesterolo buono (HDL), che viene chiamato lo spazzino delle arterie perché contribuisce a mantenerle pulite ed elastiche e quindi meno soggette al processo di aterosclerosi.
Aiuta anche a smettere di fumare
Anche smettere di fumare diventa più facile se contemporaneamente si inizia una pratica sportiva aerobica. E la spiegazione non è solo psicologica. Non si tratta infatti solo della volontà di vivere in modo più sano, di cambiare abitudini, propria di chi si accosta allo sport: vi sono anche motivi strettamente fisiologici. La corsa e l’attività fisica prolungata riescono ad aumentare la produzione di oppioidi endogeni: in particolare le endorfine. Queste sostanze hanno due effetti: il primo è un’azione analgesica (cioè contro il dolore), il secondo provoca una serie di sensazioni piacevoli. Esiste, ed è stata descritta, una specie di “euforia da corsa”, che probabilmente è legata alla produzione delle endorfine.
Questo effetto può essere molto importante per chi è impegnato nella lotta contro l'abitudine al fumo. Infatti, una produzione endogena delle endorfine può sostituire gli effetti di una tossicodipendenza negativa (anche il fumo di sigaretta stimola la produzione di endorfine). Chi cerca di smettere di fumare, oltre ad avere la carenza di nicotina, ha anche quella di endorfine, che induce a riprendere il fumo per sentirsi meglio.
Sentirsi meglio
Queste considerazioni sulle endorfine ci portano a considerare un altro aspetto importante dell'esercizio fisico, ossia quello che con termine tecnico si chiama: miglioramento del tono dell'umore. Gli aspetti psicologici sono considerati sempre di più come un fattore determinante sia per evitare una malattia di cuore, sia per riprendersi in fretta e bene dopo averla avuta. Modificare abitudini di vita troppo sedentarie può avere un effetto sorprendente, solo perché aiuta a scaricare lo stress, ma anche e soprattutto perché consente di avere un approccio più attivo e positivo nei confronti dei problemi di tutti i giorni. In pratica, fare sport o comunque attività fisica rafforza l'autostima, quella visione positiva di se stessi e della propria vita, considerato da molti un fattore decisivo per la buona salute e la longevità.
Nella riabilitazione cardiologica
L’attività fisica è estremamente importante per il recupero della buona funzionalità del cuore dopo un evento grave come l'infarto, l'applicazione di un bypass o comunque un intervento cardiochirurgico. Esercizi fisici fanno parte quindi dei programmi di riabilitazione cardiologica, che è una delle grandi novità della cardiologia degli ultimi decenni. È proprio grazie alla riabilitrazione, infatti, che oggi si può tornare a condurre una vita normale dopo aver superato eventi anche gravi per il cuore.
In questi casi, però l'attività va svolta con un rigoroso e costante controllo medico. Il programma fisico viene stabilito sulla base di una serie di esami sotto sforzo, come l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma.
Il paziente viene sottoposto a un test da sforzo per valutare la soglia fino a cui si può spingere di esercizio fisico: vengono misurati la frequenza cardiaca e i valori di pressione mentre cammina. Sulla base di queste valutazioni, verrà improntato un programma di attività fisica che copre tutta la degenza, con un buon impegno fisico, per migliorare la capacità cardiaca e muscolare dell’organismo. I progressi ottenuti alla fine di questo periodo possono essere valutati confrontando il test fatto all'inizio del programma con quello fatto alla fine. La riabilitazione viene insegnata dai terapisti attraverso l’uso di attrezzature come il tappeto rotante e la cyclette, che vengono abbinate a cardiofrequenzimetri secondo una scala di intensità di sforzo personalizzata, prescritta dal cardiologo. Durante le sedute di fisioterapia il paziente viene controllato mediante telemetria, un elettrocardiogramma monitorato tramite una centralina a distanza.
L’attività fisica educata si può svolgere anche su un percorso-vita costituito da attrezzi e tabelloni illustrativi opportunamente disposti in un parco o in un ambiente esterno ricco di vegetazione.