domenica 21 aprile 2013




LE FRATTURE DELL'ASTRAGALO: EZIOPATOGENESI E TRATTAMENTO.



Introduzione
Le fratture del collo dell’astragalo costituiscono circa il 50% di tutte le fratture dell’astragalo e in genere sono conseguenti a incidenti stradali o a caduta dall’alto. In circa il 20% dei casi sono associate ad altre fratture (malleolo mediale nel 28% dei casi) o lesioni dei tessuti molli. Le fratture esposte sono frequenti (sino al 44%). I giovani maschi sono più colpiti. Sono fratture significative a causa della frequenza e della gravità delle complicanze e della disabilità a lungo termine. Le principali complicanze conseguenti a queste lesioni sono: necrosi avascolare, mancata e\o viziosa consolidazione, infezioni, artrosi.
Eziopatogenesi
Nella maggior parte dei casi la frattura avviene a seguito di una dorsiflessione forzata del piede mentre la tibia è bloccata: il collo dell’astragalo impatta sul margine anteriore della tibia e si frattura. Se la forza dorsiflettente non si esaurisce si determina una rottura delle strutture capsulo legamentose posteriori dell’articolazione tibiotarsica e della sottoastragalica con possibile lussazione delle stesse. Quando il movimento di dorsiflessione si accompagna ad un movimento di inversione della tibio-tarsica possono associarsi fratture del malleolo mediale ed a seguito dell’impatto quest’ultimo il collo dell’astragalo può presentare una comminuzione di varia entità, con eventuale sublussazione astragaloscafoidea.

Terapia
Nelle fratture composte è indicato un trattamento conservativo con apparecchio gessato tipo gambaletto per sei settimane con controlli radiografici periodici per scongiurare una perdita di riduzione.
Nelle fratture scomposte l’obbiettivo del trattamento è di ottenere una riduzione della frattura e di mantenerla con una fissazione interna rigida (viti, fili di Kirschner). L’intervento va eseguito quanto prima possibile considerando la frattura un’urgenza.
Le vie chirurgiche possibili sono la via antero mediale, la via antero laterale e la via postero laterale. Nella scelta dell’incisione bisogna tener conto anche delle condizioni locali della cute (ferite da esposizione, cute escoriata o ischemica) che possono obbligare a scelte non consuete.
La via antero mediale è la più utilizzata nelle fratture del collo dell’astragalo. La via si estende tra i tendini del tibiale anteriore e del tibiale posteriore e consente un approccio diretto al focolaio di frattura, particolare attenzione deve essere rivolta a non ledere l’arteria deltoidea che giace in prossimità del legamento deltoideo. In genere le manovre per ridurre le fratture sono semplici. La riduzione va stabilizzata provvisoriamente con fili di Kirschner, controllata con amplificatore di brillanza e successivamente stabilizzata. L’utilizzo di viti tipo Herbert consente di penetrare completamente la vite nella spongiosa dell’osso e questo aspetto è particolarmente importante in quanto nella maggior parte dei casi l’infissione dei mezzi di sintesi avviene in zone coperte da cartilagine articolare.
La via antero laterale trova indicazione in caso di comminuzione mediale del collo astragalico. L’incisione della cute è subito laterale ai tendini degli estensori delle dita, i tendini degli estensori e il pacchetto vascolo nervoso vengono retratti medialmente. Questa via chirurgica consente di limitare il rischio di lesione dei vasi mediali (arteria deltoidea), consente di posizionare una vite con direzione latero- mediale per un miglior controllo meccanico della riduzione, l’infissione della vite è però tecnicamente difficile.
Nella via postero laterale l’incisione è laterale al tendine d’Achille, il nervo surale deve essere isolato e protetto. Tale accesso consente di ridurre il corpo dell’astragalo lussato e di stabilizzare la frattura (viti cannulate) quando la via antero mediale non lo abbia consentito. Di contro la gestione intraoperatoria della posizione del paziente è molto difficile.
Nell’immediato postoperatorio l’arto è mantenuto in scarico per 48 ore, protetto con una doccia gessata di posizione a 90°. Il carico è vietato per 6-8 settimane in relazione all’evoluzione radiografica della frattura (segnali di consolidazione, segnali di sofferenza avascolare dell’osso).

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mercoledì 10 aprile 2013



FISIOTERAPIA DELLA MANO