martedì 8 maggio 2012



TRATTAMENTO MIOFASCIALE



  

 - I processi dinamici attraverso i quali la mente e il corpo interagiscono, influenzandosi vicendevolmente, sono tuttora ampiamente discussi e affrontati all'interno di diverse filosofie e discipline come l'integrazione bio-energetica, il Rolfing e l'osteopatia. L'accreditamento nel mondo medico scientifico della visione unitaria del disturbo, visto come disallineamento dell'omeostasi nella rete di relazioni che i diversi sistemi organici e apparati svolgono costantemente tra loro, ha posto in risalto la funzione di interconnessione del sistema fasciale e di potenziale facilitazione degli adattamenti meccanici, nervosi e psicofisiologici della terapia miofasciale.
La pervasività del tessuto fasciale e la sua globalità funzionale, in un sistema socio-sanitario orientato verso la specializzazione settoriale nei diversi sistemi organici, sono sempre state trascurate, relegando il tessuto connettivale fibroso a mera struttura di contenimento viscerale e muscolo-scheletrico. La terapia miofasciale racchiude in sé una grande varietà di tecniche correntemente utilizzate, che spaziano dalla manipolazione dei tessuti molli all'allungamento muscolare prolungato. La caratteristica di ogni trattamento miofasciale è il tentativo di rendere partecipe il soggetto, tramite la verbalizzazione, alle sensazioni palpatorie percepite dall'operatore, per determinare la direzione, la forza e la durata dell'allungamento e per facilitare il massimo rilassamento dei tessuti tesi o retratti.
IL TRATTAMENTO MIOFASCIALE
È una tecnica di allungamento muscolare che prevede la partecipazione attiva da parte del paziente nel determinare la direzione, la durata e l'intensità dell'applicazione manuale del terapista.L'approccio miofasciale non si effettua sul paziente, ma insieme al paziente, stimolando in ultima analisi l'apprendimento di tecniche di autocorrezione. Le sedute di trattamento non devono seguire un rigido protocollo terapeutico pianificato unilateralmente dal terapista, ma si devono aggiustare in funzione alle risposte trasmesse dal corpo del paziente e dalle sensazioni verbalizzate dallo stesso. Si deve istruire il paziente a sentire e focalizzare razionalmente le sensazioni del suo corpo per dirigere la mano del terapista e assecondarne i movimenti. Quando paziente e terapista raggiungono un buon livello di conoscenza, fiducia e affiatamento, è difficile capire chi dirige e chi esegue le manovre correttive all'interno di una sessione di trattamento. La terapia miofasciale non è finalizzata a ridisegnare l'allineamento del corpo seguendo un modello predeterminato di equilibrio: la priorità è comprendere se le posture e gli aggiustamenti assunti dal corpo sono i più economici e appropriati per una buona mobilità articolare, o non siano il frutto di dolori o restrizioni che ne limitano i movimenti. L'allungamento si applica a quei tessuti la cui tensione è eccessiva e protratta nel tempo, requisiti questi sufficienti per instaurare addensamento fibroso, retrazioni e conseguente perdita di fluidità nei movimenti. Le tecniche di allungamento sportivo comunemente usate, come lo stretching attivo, sono efficaci nell'incrementare l'allungamento globale degli elementi contrattili del muscolo, ma il rivestimento fasciale può non essere coinvolto dalle sollecitazioni applicate, specialmente se le posture vengono mantenute poco, se si effettuano piccoli rimbalzi o se la respirazione non è specifica. Come un elastico vecchio, la fascia si distenderà solo nei punti dove già possiede una buona capacità deformabile, ma le singole unità miofasciali retratte e congestionate rimarranno tali.
UN PROCESSO DI CAMBIAMENTO CONSAPEVOLE
Il processo attraverso il quale il corpo assume un allineamento posturale meglio integrato in rapporto alla gravità, richiede una presa di coscienza da parte del paziente del proprio schema corporeo: la verbalizzazione e il feedback tra paziente e terapista sono ingredienti indispensabili per raggiungere una buona rappresentazione cosciente. Questo lavoro di discriminazione percettiva apre un ventaglio di possibilità per nuove strutturazioni posturali, suscettibili di accomodamenti multipli. È innegabile che il trattamento miofasciale nelle sedute iniziali mette in disordine l'omeostasi del paziente, in quanto trasmette al sistema nervoso centrale, attraverso i corpuscoli del Golgi e i fusi neuromuscolari, informazioni cinestesiche che possono risultare poco familiari. Il lavoro svolto sulle fasce è anche un lavoro di rieducazione neuromuscolare che ha come obiettivo l'accettazione e il mantenimento di una postura più efficiente. La legge di facilitazione neuromuscolare afferma chequando un'informazione nervosa passa attraverso un set di neuroni, escludendone altri, in seguito tenderà a percorrere la stessa via: la ripetitività, nelle sedute successive, degli stimoli indotti dal terapista ha la funzione, in accordo con tale enunciato, di rinforzare la percezione e la risposta del paziente. Le teorie sull'apprendimento motorio svelano che il modo più veloce ed efficace per affinare un gesto è di prenderne coscienza con uno sforzo introspettivo: lo scambio continuo di informazioni tra paziente e terapista sulle sensazioni percepite durante il trattamento ha questa finalità.
INTEGRAZIONE BIO-ENERGETICA, ROLFING E OSTEOPATIA
L'integrazione bio-energetica è una forma di psicoterapia che si occupa della salute e dell'infermità emotiva dal punto di vista dell'unità psicosomatica. La luminosità del viso, lo sguardo, il tono della voce esprimono i sentimenti di una persona e la caratterizzano, così come la posizione delle spalle e della testa o una certa lentezza o fluidità di movimenti permettono il riconoscimento di una persona anche a distanza. I traumi fisici, così come quelli di natura emotiva, tendono a irrigidire i tessuti muscolari e quando ciò avviene il corpo tende ad abbandonare lo stato di allineamento e di vitalità, per passare a una condizione di inflessibilità complessiva e di squilibrio strutturale. Ida Rolf, biochimica e fisiologa americana, ha ideato un sistema di manipolazioni muscolari e di massaggi profondi al fine di liberare le tensioni dei muscoli e l'addensamento del tessuto fasciale: il Rolfing o "integrazione strutturale" cerca di accrescere la salute e la vitalità, di alleviare lo stress e la tensione. Poiché il lavoro di massaggio è profondo, spesso il paziente prova durante il processo un notevole senso di liberazione emotiva, come se ogni parte del corpo immagazzinasse uno stato d'animo ben preciso. L'osteopatia tenta di svelare le correlazioni tra i diversi sistemi, neurologico, biomeccanico, vascolare, immunitario, emozionale e psichico, all'interno di un unico sistema che è la persona che riconosciamo come individuo. Il metodo osteopatico si avvale di tecniche di approccio manuale per il ripristino omeostatico tra i diversi sistemi.    
.
 



       Sindrome del tunnel carpale.










Dai sintomi come formicoli, perdita di forza fino alle cause della compressione del nervo mediano. Diagnosi e cura, rimedi e le terapie non invasive.

 Tutto comincia con dei fastidiosi formicolii notturni a una o a tutte e due le mani, che disturbano il sonno procurando numerosi risvegli: basta muovere un pò le mani e subito i formicolii scompaiono e si può riprendere a dormire. Poi compare dolore irradiato al gomito   quando, dopo qualche mese, i formicolii sono costanti e,  prendendo un piatto (magari quello del servizio buono) messo sul piano alto della credenza: paf!!!! ci scappa dalle dita e si rompe perchè  le dita non sono riuscite a trattenerlo, allora si corre dal medico che sentenzia:” Eh, si, è proprio un bella Sindrome del Tunnel Carpale!”.
Che cos’è la Sindrome del Tunnel Carpale
Il Tunnel Carpale è una struttura ossea che si trova sulla faccia palmare della mano, al confine col polso. Qui troviamo otto ossicine disposte su due file di quattro, che vanno a formare leOssa del Carpo su cui è stesa una struttura fibrosa che prende il nome di Legamento Trasverso del Carpo, che forma una sorta di tetto sulle ossa del carpo. Tra le ossa ed il legamento passa ilNervo Mediano, che, originato dal Midollo Spinale che si trova nella colonna cervicale, si è portato fino alla mano percorrendo tutto l’arto superiore, per innervare i muscoli e dare sensibilità alla prime tre – quattro dita della mano.
Quando il Tunnel formato dal legamento e dalle ossa del carpo si “restringe” il nervo mediano ne soffre,non è più nutrito adeguatamente e si infiamma dando quei fenomeni che abbiamo descritto: Formicolii (parestesie in termine medico), dolori all’avambraccioperdita di forza dei muscoli che stanno alla base del pollice (Eminenza Thenare) e che consentono di opporre il pollice alle altre dita: movimento che ci distingue dai nostri cugini primati, le scimmie, che non possiedono questa capacita; ed ecco che allora non riusciamo a tenere gi oggetti tra le dita perchè ci sfuggono, e diventa difficile anche tenere la penna fra le dita per scrivere; figuriamoci poi se dobbiamo fare dei lavori di precisione....
Sindrome del Tunnel Carpale: Sintomi e Cause
I formicolii alle dita delle mani, dapprima notturni e saltuari poi continui, tutti i giorni mattino e sera; le mani e le dita a volte possono gonfiarsi e può comparire dolore che si irradia verso il gomito; infine si ha il deficit di forza delle dita quando devono afferrare un oggetto. Il Nervo Mediano si infiamma quando lo spazio del Tunnel Carpale si restringe, perciò sono in gioco movimenti ripetuti di flesso estensione del polso, traumi che modificano l’ anatomia del polso, situazioni come gravidanza, menopausa o l’uso di contraccettivi che fanno ispessire il legamento.
Per questo motivo spesso la Sindrome del Tunnel Carpale (STC) colpisce soggetti che lavorano nella industria manifatturiera: tessile, meccanica, alimentare, calzaturiero, pelletterie etc: oppure persone che lavorano con attrezzi vibranti (martelli pneumatici). Ma anche l’impiegato\a che usa il mouse tutto il giorno, se lo usa scorrettamente è a rischio per la STC Alcune patologie come l’Artrite Reumatoide o l’ipertiroidismo, artriti o artrosi deformanti, fratture del polso possono essere correlate con la STC.
Le donne sono statisticamente più colpite degli uomini e questo sembrerebbe favorito dalla presenza degli ormoni estrogeni che facilitano le condizioni di edema.
I disturbi hanno una manifestazione notturne perchè durante il sonno il polso assume più facilmente posizioni che comprimono il nervo già sofferente, e perchè è più facile l’accumulo di liquido infiammatorio (edema)
Sindrome del tunnel carpale :Diagnosi
Il racconto (Anamnesi) che fa la persona sofferente, per le caratteristiche con cui si manifesta il disturbo, la presenza di alcuni segni caratteristici alla visita (Segno di Tinel, Segno di Phalen) orientano già verso l’ipotesi di STC. Sono utili la Radiografica del Polso per Tunnel Carpale e l’Ecografia del Polso: la prima mette in evidenza eventuali disturbi ossei e la seconda evidenzia lo stato del Legamento Trasverso del Carpo e la presenza di edema nel Tunnel.
L’indagine Elettromiografica Elettroneurografia (EMG/ENG), che consiste nell’utilizzare dei piccoli aghi che, infissi sulla pelle, registrano l’attività del nervo e del muscolo, ci consentono d avere, con una certa sicurezza la diagnosi di STC e danno un idea della sua gravità. Tuttavia se i disturbi sono nella fase iniziale, spesso anche questa indagine può non essere significativa e allora va ripetuta dopo uno o due mesi dalla prima.
È importante accertarsi che non esistano concomitanti disturbi infiammatori a carico del Rachide Cervicale e del gomito perché potrebbero simulare o aggravare il quadro di STC.
Sindrome del Tunnel Carpale  :Terapia chirurgica
L’Intervento Chirurgico NON È la soluzione di PRIMA SCELTA.
Innanzi tutto è utile, laddove possibile, ridurre tutte quelle condizioni ambientali che hanno determinato la comparsa della STC (movimenti ripetuti, posizioni viziate etc)
Sindrome del Tunnel Carpale :Terapia Farmacologica
La Terapia Farmacologica si avvale da un punto di vista allopatico dei classici Farmaci Antiinfiammatori Non Steroidei (FANS) che possono ridurre l’edema ed attenuare il dolore ma hanno spesso effetti collaterali fastidiosi a livello gastrico, intestinale o renale.
L’utilizzo del Cortisone in infiltrazione riduce solo momentaneamnte il disturbo ma puà determinare una sofferenza del tendine che, nel tempo, fa peggiorare la STC.
Sindrome del Tunnel Carpale : Medicina Alternativa
Nella Medicina Alternativa si possono utilizzare i fitoterapici come l’Harpagophytum P. (Artiglio del Diavolo),Spiraea U., Salix AErigeron C. in Tintura Madre (TM), da sole od in associazione. Anche per queste sostanze va adottata cautela nelle donne in stato di gravidanza, e se si assumono contemporaneamente anticoagulanti o cortisonici (sopratutto per l’Artiglio del Diavolo, mentre per gli altri i rischi sono solo legati al dosaggio) ed è meglio assumerli sotto controllo di un esperto.
Sindrome del Tunnel Carpale : Omeopatia e Omotossicologia
L’Omeopatia e la Omotossicologia possono aiutarci con la Ruta Graveolens 7 CH; Colocynthis H (va bene per le parestsie), Aesculus C., Bryaconheel, sempre sotto controllo del terapeuta.
Anche l’Oligolitoterapia dà ottimi risultati con l’assunzione di Magnesio o Manganese
L’uso di sostanze Neurotrofiche, cioè che nutrono il nervo, trova la sua ragione nel fatto che il Nervo Mediano infiammato è scarsamente nutrito e perde facilmente quella sua guaina protettiva detta guaina Mielinica formata dalipidi. Le vitamine del complesso B intervengono nel metabolismo e nel corretto utilizzo dei lipidi da parte dell’organismo, ripristinando la guaina mielinica;  l’Acido alfa lipoico, è un naturale contenuto nei broccoli, spinaci,carni rosse e visceri (organo e cuore), consente la rigenerazione del glutatione dell’acido ascorbico (vit. C) altri antiossidanti; gli antiossidanti ci aiutano a ridurre i danni che si creano durante  un processo infiammatorio. Analogo effetto ha la Bromelaina, un gruppo di enzimi estratti dall’ananas con funzione antiinfiammatoria; altre sostanze utili sono gli omega tre e omega sei, il magnesio ed il selenio.
Sindrome del Tunnel Carpale : Terapia Fisica
La Terapia Fisica si avvale di strumenti quali gli ultrasuoni, la jonoforesi, il laser, la magnetoterapia, le onde d’urto. Una loro sapiente combinazione è in grado di  ripristinare la corretta funzionalità degli organi contenuti nel tunnel carpale, riducendo o facendo scomparire i sintomi.                   Alcuni consigliano l’uso di un tutore rigido in materie plastiche di vario genere: la rigidità forzata della articolazione se da un lato giova al nervo perchè mette a riposo l’articolazione, nella lunga distanza questo riposo forzato può portare ad una ipofunzionalità della articolazione stessa con disturbi più intensi di quelli originari.
Sindrome del Tunnel Carpale : Yoga postura e stiramento muscolare.
Uno studio del 1998 condotta da Marianne Garfinkel negli USA, (pubblicato in uno dei maggiori giornali scientifici americani – Giornale della Associazione Medica Nordamericana) ha dimostrato come la pratica del regime yoga di base, con 11 posture di rafforzamento, stiramento e bilanciamento degli arti, consente il riallineamento posturale, rinforzando il polso può migliorare la sintomatologia della STC . L’uso di questi sistemi terapeutici, ben dosato è in grado di allontanare la possibilità dell’Intervento chirurgico che spesso viene presentato come la prima ed unica soluzione possibile.
L’intervento chirurgico è solo una delle possibili opzioni, preferibilmente l’ultima.
In realtà l’intervento chirurgico è solo una delle possibili opzioni, come abbiamo visto e, preferibilmente l’ultima, cioè quella cui ricorrere quando tutti i sistemi adottati fra quelli sopra indicati non sono più in grado di dare beneficio
L’Intervento è effettuato in Day Hospital. In anestesia locale si pratica un’incisione al di sopra del tunnel carpale: incidendo il legamento trasverso del carpo si libera il Nervo Mediano. La mano va lasciata a riposo per qualche giorno e poi si riprende gradualmente ad usarla, coadiuvandosi con tutte quelle sostanze che possono aiutare il nervo a “riprendersi”- vit.B, Acido Lipoico etc. e col sapiente utilizzo delle terapie fisiche, magnetoterapia in primis. In ogni caso è bene affidarsi al consiglio di uno specialista e sentire anche più di un parere prima di prendere una qualsiasi decisione.

sabato 5 maggio 2012


NUOVE ACQUISIZIONI DI TERAPIA FISICA STRUMENTALE APPLICATA ALLE PATOLOGIE NEUROLOGICHE.




PROF. M. LEONE DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI BARI. 


 AGGIORNAMENTO DEL 4-5 MAGGIO 2012





venerdì 4 maggio 2012





  • Nel nostro studio tecniche specifiche per la cura del mal di schiena, per informazioni contattateci.

giovedì 3 maggio 2012



Il trattamento degli sportivi
Anni addietro il trattamento d'elezione di qualsiasi trauma distorsivo è stato l'apparecchio gessato. Attualmente nei casi meno gravi il bendaggio funzionale ha sostituito l'immobilizzazione gessata.
I motivi sono da ricercarsi nella più precoce ripresa del movimento che condiziona in senso favorevole il riassorbimento degli edemi ed ematomi, il metabolismo, la cicatrizzazione delle strutture danneggiate e la condizione psicologica in cui verte l'atleta.
I bendaggi funzionali della caviglia si possono schematicamente suddividere in due tipi:
  • bendaggio compressivo;
  • bendaggio stabilizzante.
Il primo tipo di bendaggio, utilizzato soprattutto dopo un trauma, sviluppa la funzione di limitare l'edema e l'ematoma.
Per la confezione si utilizzano delle bende elastiche e del salva pelle oppure la depilazione.

Per il secondo tipo, la cui funzione è quella di stabilizzare dinamicamente l'articolazione in modo preventivo, si utilizzano delle bende anelastiche e si preferisce non utilizzare delle strutture (salvapelle) che riducono l'adesività e di conseguenza l'ancoraggio dei tiranti.
A volte si possono utilizzare contemporaneamente i due tipi di bendaggio per sviluppare sia la funzione anti edemigena che stabilizzante.
In questo caso è da evitare il salvapelle. Questo articolo è indirizzato soprattutto a loro in modo che le nozioni riportate possano essere un utile ausilio per la confezione di un valido taping.
Per evitare delle conseguenze spiacevoli è d'obbligo, soprattutto dopo traumi ingenti, eseguire una diagnosi medica prima di optare per un trattamento funzionale.
Succesivamente saranno indicati gli eventuali casi in cui è consigliato togliere immediatamente il bendaggio e riesaminare la diagnosi con relativo trattamento terapeutico.

Il bendaggio compressivo viene eseguito con bende elastiche avvolte a spirale (fig. 3, 4), cercando sempre di non esagerare con la tensione di trazione. E' consigliato utilizzare nelle spire a valle (sul piede), una lieve tensione maggiore e ridurla progressivamente verso la gamba.
Un buon bendaggio compressivo dovrebbe includere oltre al piede almeno 2/3 del polpaccio. A volte per accentuare la compressione sulla zona perimalleolare, area di massimo gonfiore, si possono utilizzare delle spugne ad alta densità conformate a U o a J .
Per evitare il trauma della depilazione conseguente alla rimozione del bendaggio, in questo caso non essendoci la necessità di stabilizzare, si può utilizzare uno strato di salvapelle.
Questo bendaggio può essere mantenuto anche per 10-15 giorni; va annotato, però, che con il passare del tempo la benda perde di efficacia sia per una riduzione di elasticità sia per la riduzione di volume della caviglia.
Possibilmente rifare il bendaggio almeno ogni 2-3 giorni, in modo da valutare l'evolversi dell'infiammazione e iniziare il prima possibile un'adeguata terapia (manipolativa, mesoterapica, fisioterapica).

Nella fase di ripresa dell'attività fisica in cui è ancora presente, anche se limitato, un moderato edema e c'è l'esigenza di una contemporanea azione stabilizzatrice, è possibile utilizzare sopra il bendaggio compressivo, direttamente adeso alla cute, dei tiranti anelastici stabilizzanti.
Il bendaggio stabilizzante dinamico (taping) viene effettuato quando l'infiammazione si è completamente risolta ma permane una debolezza della caviglia che la predispone a recidive distorsive. Questi deficit vanno compensati con un adeguato potenziamento muscolare e propriocettivo.
Per confezionare un efficace bendaggio stabilizzante è utile conoscere l'anatomia e la biomeccanica della caviglia. Di solito i legamenti che vengono interessati dal trauma distorsivo sono i legamenti peroneo-astragalici; quello anteriore è più frequentemente chiamato in causa.
Il compito del bendaggio è quello di impedire i movimenti che sforzerebbero il legamento malato, senza però limitare gli altri movimenti utilizzati durante le normali funzioni. Più cerotto viene utilizzato e più la caviglia sarà stabile, ma più bloccati saranno anche tutti i movimenti.

Quindi un buon taping è quello che raggiunge il migliore compromesso tra la massima protezione delle strutture legamentose deboli e una buona libertà di movimento. Questo compromesso non è fisso perché essendo legato alla condizione della struttura anatomica dipende dal tipo lesione e dalla fase della guarigione. Nelle prime fasi della ripresa dell'attività sportiva si cercherà di essere più prudenti utilizzando qualche staffa in più.
Ciò è giustificato sia dalla maggiore debolezza dei legamenti che dalla minore richiesta di movimento. Con l'evolversi della patologia e con l'incremento della fase rieducativa si potrà essere più permissivi utilizzando solo alcuni tiranti e lasciando il movimento quasi completamente libero.

Con l'aggiunta dei tiranti riportati nelle immagini successive si migliora la stabilità a discapito della mobilità. Quindi vanno utilizzati dove sia presente una lesione grave e nelle fasi precoci della rieducazione.
Per eseguire il taping è importante mettere il piede nella posizione opposta a quella di distorsione (eversione). Partire dalla parte mediale  facendo aderire completamente il cerotto alla cute e trazionare lateralmente  il tirante prima di incollarlo lungo il decorso del perone .
Questo primo tirante passando per il fulcro di movimento dell'articolazione tibio-peroneo-astragalica (puntino nero) tende a non fare ruotare l'astragalo lungo un asse antero-posteriore, ma inibisce limitatamente la rotazione lungo l'asse latero-mediale permettendo la flesso estensione di caviglia utile per camminare, correre e saltare.
Un ancoraggio circolare aumenterà la tenuta della staffa verticale. Per evitare delle fastidiose pieghe, che si possono venire a formare vista la conformazione di tronco di cono del polpaccio, è consigliato iniziare il circolare leggermente obliquo in basso (spina di pesce) .

I circolari non vanno mai messi in tensione perché possono creare dei pericolosi ostacoli al deflusso della linfa e del sangue. Un ulteriore tirante verticale , lungo più o meno il decorso del precedente, migliorerà la stabilità riducendo di poco la mobilità. I due tiranti verticali possono essere irrobustiti con un ulteriore staffa perfettamente sovrapposta alle precedenti e con altri ancoraggi circolari, parzialmente sovrapposti, fino a ricoprire tutta la gamba.
I tiranti eseguiti fuori dal fulcro, come quelli delle immagini , tenderanno ad aumentare la stabilità, però contemporaneamente ridurranno il movimento di flesso-estensione della caviglia. Le immagini mostrano la confezione di un bendaggio definito a "8". Le staffe passando davanti al fulcro di movimento della caviglia tendono a limitare il movimento di flessione plantare del piede.

Quando rimuovere il bendaggio:
  • dolore forte in continuo aumento, gonfiore importante, soprattutto alle dita, che non diminuisce pur mantenendo l'arto in scarico (arto in posizione sollevata rispetto al tronco);
  • colorazione biancastra o bluastra delle dita che non diminuisce in scarico intorpidimento con sensazione di formiche e spilli;
  • forte prurito e sensazione di bruciore.

 












mercoledì 2 maggio 2012


La distorsione della caviglia



RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA

Con il termine di rieducazione propriocettiva, come appare chiaro dal termine stesso, si intendono tutte le metodiche e gli esercizi mirati a stimolare e rieducare la sensibilità propriocettiva, quella, cioè, che ci permette di conoscere anche ad occhi chiusi la posizione del nostro corpo e dei suoi segmenti nello spazio.

Particolari recettori raccolgono i segnali di origine periferica, trasmettendoli al sistema nervoso centrale che elabora le informazioni ricevute e le integra con altre afferenze (visive, labirintiche), per organizzare adeguate risposte motorie.  
La funzione dei propriocettori è quindi fondamentale per regolare il tono muscolare, la postura e la corretta esecuzione dei movimenti.

GLI ESERCIZI PROPRIOCETTIVI
Gli esercizi propriocettivi sono quindi quelle attività che vanno a stimolare il sistema propriocettivo, con l'obbiettivo di allenarlo a fornire delle risposte rapide ed adeguate in situazioni destabilizzanti e potenzialmente pericolose, coscientizzando l'individuo nei confronti del proprio corpo. In particolare la rieducazione propriocettiva nel caso della caviglia deve proporsi come fine quello di far acquistare all' articolazione tibio-tarsica una maggiore coordinazione nelle contrazioni muscolari e delle leve ossee, in relazione al movimento .
Inizialmente la rieducazione propriocettiva si effettua in scarico o in maniera passiva, per abituare il paziente a percepire le diverse caratteristiche del movimento indotto e coscientizzarlo riguardo alle sue possibilità di reazione motoria.
Successivamente, prima di eseguire gli esercizi propiocettivi in stazione eretta andremo a fare recuperare, se non ancora presente, un'equa distribuzione del carico.   Successivamente si propongono esercizi su superfici instabili, come i piani circolari, le tavolette quadrate e le semisfere Il paziente deve imparare a mantenere l'equilibrio con semplici movimenti delle caviglie, inizialmente ad occhi aperti e con l'aiuto del terapista, successivamente senza aiuto e senza il controllo visivo.   Il lavoro prosegue poi in monopodalica sia sull'arto leso sia su quello sano. In questa fase il terapista può aiutare il paziente, o destabilizzarlo con delle spinte quando ha raggiunto un buon controllo dell'equilibrio.   Quando il paziente ha recuperato una buona deambulazione si procede con l'eseguire un percorso propriocettivo composto da cuscini che hanno una diversa consistenza e deformabilità, in modo da adattare il passo e stimolare i recettori propriocettivi durante la camminata su un terreno non omogeneo

RINFORZO MUSCOLARE
Nella riattivazione motoria, dopo un qualsiasi trauma, distorsivo o meno, ricopre un ruolo fondamentale il rinforzo muscolare, in quanto un buon trofismo dei muscoli riduce il rischio di lesioni recidivanti e permette al paziente di riprendere a pieno regime le attività che svolgeva prima dell'incidente.   Nella rieducazione della caviglia dopo una distorsione dobbiamo prestare particolare attenzione ai movimenti che andremo a far compiere al paziente, in modo tale da non procedere subito con esercizi che possono recare danni al comparto che ha subìto il trauma.   Per questo motivo è meglio cominciare con esercizi molto leggeri, divisi in più serie con poche ripetizioni
Lo strumento più utilizzato per il rinforzo muscolare è l' elastico, in quanto permette di dosare il carico ed è molto versatile per questo tipo di esercizi.   Gli stessi esercizi possono essere effettuati con l'ausilio di una palla di spugna . Quando il paziente è in grado di camminare senza evidenziare zoppia e senza accusare dolore nella zona interessata si può procedere con l'esecuzione di esercizi a carico completo.     Possiamo dividere questi esercizi in due categorie.   La prima è per il potenziamento dei muscoli della gamba, più precisamente per quelli della loggia posteriore.   La seconda invece è mirata al potenziamento dei muscoli della coscia.

IL RECUPERO DEL GESTO
La fase successiva è quella del recupero del gesto atletico, che è mirata non solo a l recupero della meccanica del passo normale, ma al recupero ottimale per tornare a svolgere attività fisiche come prima dell'infortunio.

LA RIABILITAZIONE IN ACQUA  
La riabilitazione in acqua prevede l'esecuzione di esercizi, molte volte gli stessi che si eseguono in palestra, con il corpo parzialmente immerso nell'acqua

Questo tipo di riabilitazione sfrutta alcune leggi fisiche come:
  • Principio di Archimede
  • Reazione Viscosa
Anche la riabilitazione in acqua si divide in tre parti:
Rieducazione propiocettiva  
Rinforzo Muscolare  
Recupero del Gesto

La Rieducazione propiocettiva
si invita il paziente a camminare lungo la vasca mantenendo sotto il piede una tavoletta galleggiante in modo da creare una situazione di instabilità continua durante le varie fasi del passo.

Il Rinforzo Muscolare

esercizi con lo step, flesso-estensione delle gambe con sostegno di un galleggiante, nuoto a stile libero con le pinne in modo tale da aumentare la resistenza dell'acqua, camminate con attrezzi che aumentano la resistenza dell'acqua nello specifico del gesto e movimenti di adduzione, abduzione e flesso-estensione della gamba da stazione eretta.

Il Recupero del Gesto

andremo ad eseguire vari tipi di camminata, in avanti, all'indietro, laterale, corsa nelle tre direzioni, balzi,saltelli e tutte le altre situazioni a cui si può andare incontro durante il ritorno all'attività da parte del paziente. Tutti questi esercizi potranno subire variazioni come, ad esempio per il cammino, camminare in avanti prima esasperando la flessione del ginocchio andando quasi a toccarsi la zona addominale, oppure mantenendo le gambe rigide.

martedì 1 maggio 2012



Traumatismi dell'apparato locomotore

La locomozione è la facoltà degli organismi animali di muoversi, trasferendosi da luogo a luogo. 
Il movimento è reso possibile dalla conformazione anatomica dello scheletro che viene messo in movimento dalla contrazione muscolare. Altre strutture anatomiche (tendini, nervi, legamenti ecc.) partecipano al movimento, costituendo nel loro insieme il cosiddetto apparato locomotore.
L'apparato locomotore è a sua volta composto da tre apparati o sistemi distinti:
  • apparato scheletrico costituisce sostegno e inserzione per i muscoli e protezione per gli organi interni. È sistema PASSIVO nel movimento: sono i segmenti scheletrici che sono mossi a seguito dell'azione muscolare.
  • apparato articolare costituito dalle regioni in cui si fronteggiano i segmenti ossei con i relativi annessi
  • apparato muscolare. È l'elemento attivo nella mobilizzazione del locomotore e conferisce il movimento dei visceri e delle loro porzioni.
Ciascuno di questi sistemi può subire nell'arco della vita lesioni più o meno gravi e, mentre alcune guariscono spontaneamente, altre necessitano dell'intervento chirurgico e/o farmacologico.
Elenchiamo di seguito i traumatismi più frequenti dell'apparato locomotere .


Traumatismi dell'apparato osseo


1)FRATTURE: per frattura si intende una interruzione dell'integrità strutturale di un osso.
Si distinguono fratture traumatiche, in cui il trauma agisce su un osso normale, e fratture patologiche o spontanee, che si producono per traumi deboli capaci di vincere la resistenza di un osso alterato, ma non quella di un osso normale. Le fratture possono essere localizzate esattamente nel punto in cui le cause hanno esercitato la loro azione  (fratture dirette) o, al contrario, risiedere in un punto più o meno lontano ( fratture indirette). Sono dette complete se esistono due o più frammenti distinti, altrimenti sono incomplete e in tal caso possono essere esposte o coperte, a seconda che ci sia o no una discontinuità delle parti molli sovrastanti; infine si parla di fratture comminute, quando l'osso è ridotto in molteplici frammenti o schegge.
Terapia: deve tendere a ottenere una cicatrice ossea chiamata callo e si può riassumere in due parole: riduzione, contenzione.
FrattureCon la riduzione ci si propone di rendere all'osso fratturato la lunghezza, la forma, la direzione che aveva prima dell'incidente; questo risultato si ottiene fissando in una posizione immobile il  frammento superiore (contro-estensione) ed esercitando trazioni sul frammento inferiore (estensione). Questa estensione può essere di durata molto breve e farsi con le sole forze del chirurgo, come nelle fratture dell'arto inferiore; al contrario in alcune fratture specialmente in quelle della coscia, per lottare contro l'azione dei muscoli flessori che tendono a far accavallare i frammenti, si è obbligati a far una estensione prolungata e continua, sia con l'aiuto di bende sia con l'aiuto di una staffa e di un chiodo posto attraverso l'osso.
In ogni modo la riduzione delle fratture deve essere praticata il più presto possibile dopo il traumatismo (prima che si produca  un rigonfiamento troppo esteso delle parti molli e un inizio di rimaneggiamento delle estremità ossee), sotto controllo radiologico, e, in linea generale, sotto anestesia locale o generale; ciò sopprime i dolori avvertiti dal ferito al momento della mobilitazione dei frammenti ossei e diminuisce la resistenza opposta allo sforzo del chirurgo dalla contrazione dei muscoli che avvicinano la frattura.
Dopo aver ridotto i frammenti occorre mantenere la riduzione: questo si fa con l'aiuto di alcuni apparecchi che assicurano la immobilità assoluta dei frammenti; gli apparecchi più semplici sono formati da lamine flessibili e resistenti (stecche) che vengono applicate lungo l'arto fratturato per mantenerlo immobile: queste stecche sono generalmente in legno o in metallo flessibile o  rigido, si eviteranno le bende circolari, poiché i tessuti, tumefacendosi, sarebbero troppo compressi. In casi d'urgenza si possono sostituire le stecche con pezzi di legno.
Insomma si tratta di improvvisare due difese laterali, larghe, che risalgono su tutta la lunghezza dell'arto, in modo da immobilizzare le due articolazioni sopra-e sottostante alla parte fratturata.
Si può ricorrere anche a cuscini che servono a isolare le stecche dall'arto e alle bende che circondano l'arto, cono destinate a mantenere a contatto le differenti parti e a formare un tutto. Sono stati segnalati parecchi bendaggi mobili, che utilizzano questi elementi: i principali sono il bendaggio a spirale, l'apparecchio di scultet. Se non si trova nulla di utilizzabile rimane sempre la risorsa di attaccare l'arto inferiore ferito all'arto sano, quest'ultimo prendendo così il posto di una stecca, per il braccio, il fianco del torace servirà da difesa.
Quando è possibile, si preferisce agli apparecchi immobili quelli inamovibili, che si fanno generalmente in gesso.
Il gesso viene tagliato secondo la regione da ingessare in bende circolari, in strisce o in docce. Questi apparecchi in gesso devono essere sorvegliati nei giorni che seguono la applicazione, poiché possono essere troppo stretti e determinare compressione locale, molto frequente all'altezza del calcagno e dei malleoli. Possono anche dar luogo a dolori ed essere la causa di escare. Talvolta invece diventano troppo allentati, quando l'arto si sgonfia e dimagrisce; si produce allora lo spostamento, donde la necessità di rifare un nuovo apparecchio.
La durata dell'applicazione di tali apparecchi è variabile par ciascuna frattura.
La molestia di tutti questi apparecchi, mobili o inamovibili, è che non tardano ad essere constatate anchilosi e atrofia muscolare. Per evitarle occorre immobilizzare il meno possibile le articolazioni e, in seguito, fare ricorso a massaggi e alla elettricità.
 Attualmente si tende sempre più a trattare chirurgicamente le fratture, nelle quali il gesso realizza una immobilizzazione insufficiente dei frammenti. I principali procedimenti adottati sono la sutura ossea, l'osteosintesi, l'incavigliamento e nei casi più gravi si ricorre all'inchiodamento.
Quest'ultimo chiamato anche avvitamento è un metodo che permette di rendere solidali due frammenti di osso spugnoso nelle cui cavità viene fissato un chiodo che unisce le due parti di osso divise.
2) CONTUSIONE: lesione prodotta da un urto, senza soluzione di continuo nella pelle e con travaso di sangue.
3) COMMOZIONE: scossa prodotta nell'organismo da una caduta o da un urto violento, si distinguono perciò due tipi di commozione:
"commozione elettrica" quando si ha una contrazione provocata da una corrente elettrica e
"commozione cerebrale" quando si ha perdita di conoscenza, generalmente transitoria e reversibile, che non produce danni permanenti ma può degenerare in coma.
I trumatismi  cranici espongono sempre al rischio di ledere più o meno gravemente il cervello. Quindi nelle ore seguenti il trauma si possono osservare i segni di una contusione cerebrale, di unematoma e di altre caratteristiche più o meno gravi che richiedono esami più approfonditi e una operazione chirurgica.


Traumatismi dell'apparato muscolare


CONTRATTURA: Contrazione continua e involontaria di uno o più muscoli, la cui rigidità è tale da formare cordoni duri, apprezzabili sotto la pelle. Quando colpisce un arto, lo immobilizza in flessione o estensione più o meno forte; alla faccia, non consente di aprire la mandibola. La contrattura può manifestarsi di colpo o far seguito a convulsioni o a paralisi dei muscoli. Cessa sotto l'azione del cloroformio, il che la distingue dalla retrazione muscolare, in cui vi è l'alterazione delle fibre muscolari, mentre nella contrattura vi è semplicemente una esagerazione della funzione. La contrattura è spesso dolorosa.
CONTUSIONE: lesione prodotta da un urto, senza la soluzione di continuo della pelle  e con travaso di sangue.
crampiCRAMPO: contrazioni involontarie, spastiche e dolorose di alcuni muscoli. In genere di breve durata, possono però riprodursi dopo un intervallo più o meno lungo. Sono frequenti soprattutto di notte e sono in primo luogo dovute ad una falsa posizione, alla compressione di un'arteria o di un nervo, a causa della presenza di acido lattico che proviene dalla scissione del glicogeno muscolare. I crampi si osservano pure in alcune malattie: tifo addominale, coleradissenteria, influenza, diabetearteriosclerosi, nelle intossicazioni alimentari o in gravidanza. Terapia: far assumere all'arto una posizione inversa a quella causata dal crampo, (alzarsi e camminare se il crampo ha colpito il polpaccio). Frizioni e massaggi. Inoltre è utile fare una cura ricostituente a base di vitamine CPP, B e B2 che intervengono nel processo di contrazione muscolare.
STRAPPO: lacerazione parziale o totale di fibre di un muscolo, in seguito a movimento violento.
STIRAMENTO: allungamento eccessivo,oltre la soglia fisiologica, delle fibre muscolari.


Traumatismi dell'apparato articolare:


DISTORSIONE: Traumatismo di un'articolazione, dovuto ad un movimento forzato e che si accompagna ad allungamento o rottura dei legamenti articolari, senza che segua uno spostamento permanente delle estremità articolari. È il primo stadio di una lussazione o, se si vuole, una lussazione mancata. La distorsione è caratterizzata da lesioni dei legamenti, da lesioni dellacapsula articolare e della sinovia, e soprattutto dei disturbi vasomotori; dolore vivace, calore locale, tumefazione (lividi) e notevole idrartro. distorsioneLe distorsioni si osservano, il più delle volte, nelle articolazioni a movimenti limitati (caviglia, ginocchio, polso, dita) e sono eccezionali nelle articolazioni lasse come la spalla e l'anca. Gli sportivi vi sono particolarmente soggetti. Si può osservarle anche a seguito di un passo falso o nei soggetti, che presentano una anormale lassità delle articolazioni (a seguito di una frattura per esempio). I sintomi sono di dolore intenso, vivo, fisso che tuttavia permette i movimenti e talvolta anche la marcia, intensa tumefazione accompagnata da calore locale e versamento.
Terapia: nelle distorsioni senza lesioni gravi dei legamenti, si è raccomandato l'infiltrazione locale di novocaina, che fa scomparire il dolore ed i disturbi vasomotori e permette l'utilizzazione immediata dell'arto. Il massaggio, seguito da un bendaggio, si propone lo stesso fine. Se esistono lesioni  legamentose, non bisogna riprendere la marcia, ma immobilizzare con gesso. La fisioterapia, le cure idrominerali possono essere utilizzate per combattere i postumi.
LUSSAZIONE: spostamento permanente di due superfici articolari, dovuto a violenza esterna, oppure ad alterazione del tessuto di una delle parti dell'articolazione. A seconda che il rapporto tra le superfici articolari sia completamente o parzialmente soppresso, la lussazione può essere completa o incompleta (sub lussazione). A volte la lesione si limita ad una apertura della capsula articolare ed alla parziale rottura dei legamenti, ma spesso questi sono strappati e possono anche asportare frammenti ossei; i muscoli sono violentemente contusi; si forma un versamento sanguigno. In generale tutto torna a posto dopo riduzione della lussazione.
Sintomi: dolore su una superficie assai estesa, esasperato dal movimento, attenuato dall'immobilità; deformazione, atteggiamento particolare dell'arto, la cui lunghezza è modificata (accorciamento o allungamento); abolizione dei movimenti attivi mentre permangono alcuni movimenti passivi (esagerazione della situazione anormale dell'arto) e dei movimenti anormali. LussazioneLa presenza di ecchimosi (lividi) deve far temere una frattura associata.
Terapia: non provare a ridurre la lussazione, poiché si tratta di una manovra delicata che soltanto un medico saprà fare. Provando a ridurre lalussazione, si rischia di strappare vasi e nervi e provocare una frattura. Per la riduzione il medico usa, a seconda dei casi  e secondo che la lussazione sia più o meno recente: o manovre di dolcezza, che consistono nel premere metodicamente sulla parte spostata, in modo da spingerla verso la cavità articolare normale, o manovre di forza. Con queste ultime si mantiene il corpo solidamente fermo (contro estensione),  poi si fa uno sforzo di trazione sull'arto lussato (estensione), sia direttamente che per mezzo di un laccio elastico. La riduzione avviene allora naturalmente o con un intervento chirurgico. L'anestesia permette di vincere la resistenza muscolare. In casi di lussazione irriducibile ( per interposizione di parti muscolari o tendinee tra le superfici articolari) o di lussazioni di vecchia data con aderenze, è necessario ricorrere ad un intervento chirurgico (riduzione cruenta). Dopo la riduzione l'immobilizzazione è necessaria per un periodo di tempo variabile.
Paramorfismo: alterazione acquisita della forma esterna del corpo e dei suoi atteggiamenti funzionali abituali, dovuta ad astenia e ipotonia dei muscoli e dei legamenti.
PARAMORFISMI DELLA COLONNA VERTEBRALE:
SCOLIOSI: la scoliosi comporta uno spostamento laterale della colonna vertebrale
CIFOSI: la cifosi comporta una esagerata incurvatura dorsale
LORDOSI: nella lordosi si ha un'accentuazione dell'incurvatura lombare
In tutti e tre i casi citati, è necessario intervenire precocemente con ginnastica ed, eventualmente, con speciali corsetti per impedire che la malformazione divenga definitiva. Molto importante, ai fini di un armonico sviluppo di tutta l'impalcatura scheletrica, è anche il controllo della struttura del piede che, essendo la "base" di appoggio del corpo, influenza direttamente la conformazione e la disposizione degli elementi ossei di sostegno. Nel piede normale, il peso del corpo viene sostenuto nell'arco plantare. Può, però, verificarsi il caso in cui l'arco plantare non sia ben conformato ed in tal caso si verifica la situazione di "piede piatto". Per evitare questo difetto occorre una corretta impostazione della deambulazione ma, soprattutto, una scelta attenta delle calzature. Scarpe troppo strette in punta o con i tacchi esageratamente alti obbligano i piedi ad assumere una posizione forzata comprimendoli o deformandoli. Si consigliano, perciò, i tacchi non più alti di 2cm per i bambini, e non più di 6cm per gli adulti, e possibilmente la presenza di plantari che tengano l'arco plantare sufficientemente sollevato.
PARAMORFISMI DEL PIEDE:
PIEDE PIATTO (descritto in precedenza)
VARISMO: anomalia di posizione per cui gli assi longitudinali di due segmenti scheletrici contigui oppure di due parti dello stesso segmento non coincidono sul piano frontale  (piano immaginario che passa tangenzialmente alla fronte),ma formano fra di loro un angolo aperto all'interno rispetto alla linea mediana del corpo. L'anomalia opposta è il valgismo.
VALGISMO: atteggiamento difettoso di due segmenti scheletrici contigui (oppure di due parti dello stesso segmento) per cui i loro assi longitudinali non coincidono sul piano frontale ( piano immaginario tangenziale alla fronte ), ma formano un angolo aperto verso l'esterno (rispetto alla linea mediana del corpo). L'anomalia opposta è il varismo. Le cause del valgismo sono varie: malformazioni congenite, rachitismo, paralisi poliomelitiche, traumatismi. Particolarmente importanti sono valgismo del ginocchio (ginocchio valgo) e del collo femorale (coxa valga).
PARAMORFISMI DEL GINOCCHIO:
1)VARISMO (vedi varismo nei paramorfismi del piede)
2)VALGISMO: (vedi valgismo nei paramorfismi del piede).