domenica 25 marzo 2012






ALGODISTROFIA, DECORSO E TRATTAMENTO:

Si manifesta come un dolore molto forte, sproporzionato all'entità del trauma e apparentemente inspiegabile, che colpisce i piedi e più raramente le mani.
A scatenare questa reazione esagerata basta un trauma come una frattura, una distorsione o una contusione o anche un intervento chirurgico, non necessariamente gravi o seguiti da complicazioni.
Un altro nome per l'algodistrofia è anche distrofia simpatica riflessa.
Da questo si capisce in parte il motivo del disturbo: tutto avviene perchè il sistema nervoso autonomo (simpatico) reagisce al dolore a livello locale in modo autonomo e sproporzionato causando anche dei disturbi vascolari a tissutali.
Da questi disturbi derivano i sintomi che consistono in un dolore molto forte, continuo ed intollerabile, purtroppo anche resistente ai farmaci. La parte interessata si gonfia e diventa pallida e fredda, anche se il paziente  avverte un forte bruciore. Non si riesce ad infilare il piede nella scarpa e poggiare la pianta a terra scatena i sintomi. La stampella può essere d'aiuto ma si riescono a fare pochi passi. I dolori continuano tutta la notte e al mattino quando si cerca di mettere il piede a terra si scatenano sensazioni di scossa elettrica e formicolii. Per questo si pensa di rivolgersi a specialisti neurologi e vascolari, ma gli esami non mostrano alterazioni significative.
Infatti le radiografie risultano inutili perchè la frattura è ricomposta e anche in caso di traumi diversi o distorsioni il danno risulta guarito.
Dopo alcune settimane dalla comparsa del dolore i tessuti cominciano ad alterarsi, la pelle diventa sottile e atrofica, le articolazioni si irrigidiscono e alle radiografie di controllo compare localmente una grave osteoporosi.
Il lato positivo è che l'algodistrofia scompare così misteriosamente come è arrivata, senza invalidità o danni permanenti. Perchè il problema si risolva tuttavia ci vogliono circa sei mesi e in questo tempo non bisogna rassegnarsi al dolore ma combatterlo al meglio per spezzare il circolo vizioso che si instaura. Infatti il disturbo viene innescato e sostenuto dal dolore attraverso un circuito riflesso che coinvolge i recettori del dolore, le fibre nervose simpatiche e la muscolatura dei vasi capillari. Le terapie devono quindi essere rivolte alla soppressione sintomatica del dolore.
I farmaci più efficaci sono i blocchi anestetici dei tronchi nervosi periferici e i blocchi dei gangli simpatici. Sono iniezioni di anestetici locali che devono essere eseguite da anestesisti esperti o presso un centro di terapia del dolore. Inoltre bisogna combattere la rigidità articolare e l'osteoporosi con la fisioterapia. I farmaci antidepressivi fanno parte della terapia e sono mirati ad annullare la componente affettiva ed emotiva del dolore.





  • Terapia farmacologica analgesica
    : è utile usare farmaci antinfiammatori non steroidei ( FANS ). Anche il cortisone è utile, specie nel primo stadio, meglio con infiltrazioni locali associato ad anestetico. Si usano inoltre farmaci vasodilatatori, ganglioplegici e betabloccanti. La calcitonina ha azione antalgica e si oppone al riassorbimento osteoclastico. Nella nostra esperienza utilizziamo frequentemente il disodio clodronato a schemi prestabiliti. Infine, considerato il terreno neuro-vegetativo e psichico, è indicato utilizzare ansiolitici e neurolettici.

     
  • Mobilizzazione delle estremità: per mantenere una buona escursione articolare e favorire un precoce recupero muscolare in una fase successiva. E' importante che venga eseguita lentamente rispettando la soglia del dolore, non iniziare mai con manovre aggressive e dare corrette ed esaustive indicazioni anche per il trattamento domiciliare.

     
  • Terapia fisicanel nostro studio adottiamo di solito il seguente protocollo: 15 - 20 sedute giornaliere 


     

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    • ultrasuonoterapia
       
    • ginnastica vascolare con idroterapia calda e fredda : per stimolare la vascolarizzazione dell'area colpita

       
    • drenaggio linfatico manuale




  • COME TRATTARE IL TUNNEL CARPALE CON LA FISIOTERAPIA





    lunedì 19 marzo 2012

    UN EQUIPE , DI MEDICI, FISIOTERAPISTI, LAUREATI IN SCIENZE MOTORIE, CHE VI SEGUIRANNO NEL PERCORSO TERAPEUTICO , SIA NELLA FISIOTERAPIA, CHE NELLO SPORT, UN PERCORSO DI QUALITA' NELLA CURA DEL PAZIENTE



    NESSUNO E' TANTO VECCHIO DA NON SPERARE DI VIVERE ANCORA UN ANNO, NE' ALCUNO TANTO GIOVANE DI ESSERE SICURO DI VIVERE ANCORA UN GIORNO












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    LA VITA E' UN DONO, PRENDITI CURA
    DRENAGGIO LINFATICO MANUALE

    domenica 18 marzo 2012

    PRESSO IL NOSTRO STUDIO,  TECNICHE ALL'AVANGUARDIA PER LA CURA DELLA SCHIENA, INOLTRE CI SI AVVALE DI COLLABORATORI MEDICI SPECIALISTI IN :
    ORTOPEDIA- CARDIOLOGIA- CHIRURGIA - LAUREATI IN SCIENZE MOTORIE- FISIOTERAPISTI.


    SPORT E MEDICINA, CONOSCERE IL PROPRIO CORPO



    RIEDUCAZIONE DEL GINOCCHIO, NELLA RICOSTRUZIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO

    FASCITE PLANTARE



    FASCITE PLANTARE



    Come si può intuire dalla denominazione, la fascite plantare è una patologia che riguarda i fasci fibrosi della pianta del piede. Si tratta di un disturbo molto comune per i runner che può avere cause e sintomi molto diversi. 
    I sintomi della fascite - A volte compare come un dolore acuto e intenso al centro del tallone, altre volte il dolore si origina al centro della pianta del piede e continua fino alle dita, altre volte ritorna "indietro" e risale fino alla gamba. Anche l'andamento temporale del dolore può essere molto diverso: nei casi più leggeri è un dolore non acuto che permane per tutta la durata della corsa ma che, essendo a bassa intensità, permette comunque di correre. Altre volte è così intenso o localizzato da impedire non solo la corsa, ma anche la camminata. Anche le modalità di insorgenza sono diverse: può apparire in forma acuta (specie dopo uno sforzo intenso ai limiti delle proprie possibilità) o essere progressivo. Anche nei casi meno dolorosi,trascurare la fascite plantare e continuare a correre può essere molto deleterio, in quanto questo tipo di patologia non regredisce certo spontaneamente e continuare la pratica dell'attività può solo far peggiorare il problema fino ad arrivare ai casi più dolorosi.
    Si tratta di una delle patologie più frustranti per il runner perché il dolore sotto il tallore o in generale al fascio plantare continua anche durante il giorno e addirittura può essere massimo al mattino, appena scesi dal letto. Ciò è particolarmente avvilente perché il dolore accompagna il runner anche nella vita di tutti i giorni (basta camminare per uno o due passi) e inoltre può peggiorare dopo il riposo notturno (quando ci si aspetterebbe un miglioramento).
    Cos'è - Per capire le ragioni di tutto questo, occorre capire cos'è la fascite plantare: si tratta di un'infiammazione delle fibre (entesite) che stanno sotto il piede; naturalmente molto spesse e resistenti, possono però essere soggette a stress insopportabili: il calcagno è infatti l'osso più grande del piede ed è anche quello maggiormente sollecitato. Le fibre del fascio plantare si attaccano al tallone e si allacciano alle dita. 
    Le cause - Un'eccessiva sollecitazione del tallone provoca un'infiammazione nell'inserzione dei fasci o, peggio, lungo tutta la loro estensione. Anche una ridotta estendibilità del tendine d'Achille può provoca una fascite, tanto che molto ortopedici individuano la fascite come una delle “conseguenze” più comuni di un intervento al tendine d'Achille in seguito a tendinosi o rottura dello stesso. Anche alcune caratteristiche anatomiche, come il piede piatto o cavo, possono portare a episodi di fascite. Altre cause tipiche possono essere un improvviso aumento del chilometraggio non supportato da opportuna preparazione, una frattura da stress o l'artrite (sindrome di Lyme).
    La pratica offre numeri un po' diversi nelle cause della fascite: da una statistica su circa 200 casi, negli amatori  chi soffre di fascite plantare nel 87% dei casi è in sovrappeso sportivo. La cosa poi in genere è aggravata dal fatto che i ritmi di corsa sono lenti con appoggio totale del piede e maggiore pressione. Paradossalmente, un ritmo veloce e molto più impegnativo, avendo un tempo d'appoggio minore, sollecita meno il fascio plantare. A patto però di non esagerare con la qualità, perché una buona percentuale di casi (10%) è dovuta a sedute troppo veloci e frequenti con scarpe poco protettive
    Per capire perché al mattino il dolore è più acuto, occorre considerare che di notte i piedi assumono una posizione rilassata, con le punte verso il basso: in questo modo il tendine d'Achille si “accorcia” e con esso anche il fascio plantare. In condizioni normali ciò non causa problemi, ma se è in atto un'infiammazione delle fibre, esse alla ripresa della posizione a 90 gradi del piede non riescono a stendersi (rimangono rattrappite) e il dolore è molto acuto. Per questo alcuni ortopedici consigliano l'uso di una stecca notturna da applicare al piede in modo che conservi la posizione a martello e il fascio plantare rimanga teso.
    Le cure - La fascite plantare si cura quasi sempre con il riposo, che deve essere assoluto (a volte anche pedalare in bici può essere doloroso e va evitato) per un periodo che va da sei settimane fino a tre quattro mesi nei casi più gravi. L'errore classico che commette il runner è riprendere la corsa prima che il dolore sia scomparso del tutto (a riposo, in corsa e al mattino) poiché quando si riprende il dolore non è certamente acuto come quando la fascite ha costretto a smettere l'attività; quindi il runner è portato a credere (e illudersi) che la patologia stia guarendo. Bastano pochi allenamenti e si ritorna indietro al punto di partenza. La forza di volontà per un riposo assoluto è quindi il rimedio migliore. Visto il lungo periodo di inattività gli antinfiammatori sono inutili (tranne nella fase acuta, molto dolorosa, indicato l'ibuprofene), mentre sono indicati la fibrolisi o l'applicazione di onde d'urto meccaniche del litotritore. Gli ultimi due interventi hanno lo scopo di distendere le fibre del fascio plantare (la prima) o di causare dei microtraumi che vascolarizzano la zona infiammata rigenerandola. La fibrolisi va praticata da mani esperte, possibilmente da un medico che conosca bene la storia del paziente (clinica e sportiva) e, se ben effettuata, porta a un sollievo anche immediato e notevole del dolore. Le sedute di fibrolisi vanno diluite nel tempo e il numero dipende dalla gravità della fascite. L'applicazione del litotritore ai casi di fascite plantare è relativamente nuova, ma dal momento che si tratta di una pratica molto dolorosa (le onde d'urto vengono "sparate" direttamente sul fascio plantare come se fosse colpito da tante martellate) alcuni consigliano di non effettuarla nel momento più acuto dell'infiammazione e comunque con un'anestesia locale. Le sedute con il litotritore sono generalmente due, effettuate a 15 giorni di distanza una dall'altra.
    Volendo parlare di prevenzione, si possono adottare alcune precauzioni: indossare scarpe che assicurino un'ammortizzazione efficiente del tallone, in modo che non sia sottoposto a stress eccessivo, dimensionare il chilometraggio settimanale in base all'effettivo grado di allenamento e non alla gara che si vorrebbe fare (ma per la quale non c'è una sufficiente preparazione), alternare le superfici di allenamento (evitando di correre esclusivamente su asfalto o pista), fare stretching con continuità, specie per il tendine d'Achille e, per le donne, evitare le scarpe con i tacchi alti oppure, non volendo rinunciarci, indossarle solo dopo l'allenamento (e non prima).
    Infine, l'intervento chirurgico, una volta raro, è oggi più frequente perché sono molti i casi in cui una strategia di corsa errata (corre per mesi con la fascite) ha portato a una situazione irreversibile. Si tratta di scollare completamente le fibre dalla pianta del piede e dall'osso, distenderle, "pulirle" e quindi riattaccarle. Si tratta di un intervento che comporta una notevole perdita di sangue che può dare origine a complicazioni. La rieducazione è piuttosto lenta, la ripresa dell'attività è prevista non prima dei sei mesi.
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